16 September 2024

The Red Sea: nei piani della fase due si valutano anche resort a gestione italiana

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Competere con le principali destinazioni del turismo balneare di livello globale, come Maldive, Seychelles e Mauritius. Il tutto con l’idea di andare però oltre al prodotto mare, potendo anche offrire esperienze nel deserto, sulle montagne e soprattutto organicamente inserite nella cultura e nella tradizione locali. E’ l’obiettivo principale di The Red Sea, il mega progetto turistico che la società per azioni omonima controllata al 100% dal fondo Pubblico di Investimento saudita (Pif), sta sviluppando su una superfice di ben 28 mila quadrati lungo la costa occidentale del Paese, in un’area situata a 500 chilometri a nord di Gedda.

“In tale contesto, l’Italia è stata individuata tra i mercati di riferimento principali – spiega quindi la senior travel trade director di Red Sea Global, Loredana Pettinati, rivelando i primi dettagli sulle linee guida commerciali dell’operazione -. Il nostro target di riferimento è infatti un viaggiatore esperto, abituato alle residenze di lusso, alla ricerca di nuove destinazioni in grado di offrire attività uniche. E l’Italia è un mercato maturo, con una conoscenza profonda dell’ospitalità di qualità. Risponde perciò perfettamente alle caratteristiche da noi ricercate, tanto che abbiamo già riscontrato grande interesse sia da parte di network e agenzie, sia dai tour operator con cui ci siamo confrontati. Con alcuni di loro, soprattutto con chi è attivo nel segmento alto di gamma e già gestisce resort nel Mediterraneo, stiamo persino valutando eventuali aperture future di strutture upscale nel nostro complesso durante la seconda fase del progetto (la prima parte si concluderà alla fine del prossimo anno, con l’apertura dei primi 16 hotel, ndr)”.

Importante a tal fine è che la proposta sia coerente con la vocazione sostenibile dell’intero progetto: nelle intenzioni degli investitori, The Red Sea diventerà infatti la più grande destinazione turistica del mondo alimentata al 100% da energie rinnovabili, mentre lo sviluppo riguarderà solamente l’1% del territorio su cui sorgerà il complesso. Non solo: delle 92 isole incluse nel suo territorio appena 22 saranno edificate e ben nove diventeranno vere e proprie riserve naturali. Al suo interno non sarà consentito l’uso di plastica e per la mobilità si utilizzeranno esclusivamente veicoli elettrici. Una volta completato il progetto, infine, l’accesso alla destinazione sarà limitato a 1 milione di visitatori all’anno. E tutto ciò per un complesso turistico che al termine della fase due, entro il 2030, conterà fino a 50 resort per un totale di 8 mila camere d’hotel, a cui si aggiungeranno oltre mille residenze private.

Il prodotto sarà peraltro supportato da una dmc proprietaria che sarà costituita a breve e gestirà le prenotazioni in arrivo da ogni parte del mondo. “Una scelta dettata dal fatto che l’Arabia Saudita è ancora una meta giovane per il turismo internazionale – conclude Loredana Pettinati -. Per garantire adeguati livelli di servizio ai viaggiatori di gamma più elevata non possiamo quindi che affidarci a risorse interne. Almeno fino a quando nel Paese non sarà sviluppato un know-how adeguato. Processo al quale stiamo contribuendo anche noi tramite una serie di partnership formative con numerose università del comparto. Le risorse umane sono e saranno infatti un tassello fondamentale del nostro piano di sviluppo, tanto che stiamo già realizzando un villaggio ad hoc capace di ospitare fino a 22 mila dipendenti“.

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