16 September 2024

Cbre: in Italia cresce l’interesse degli investitori per le operazioni alberghiere value-add

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Arrivano buone notizie dal mondo degli investitori istituzionali per le prospettive dell’hotellerie italiana. Si guarda infatti con molta attenzione l’asset class degli alberghi, tanto da registrare volumi crescenti di capitali nel nostro Paese. Lo rivela l’head of hotels di Cbre Italy, Francesco Calia, che spiega come nella Penisola i primi tre trimestri dell’anno abbiano registrato poco più di 1 miliardo di euro investiti in hotel (più o meno sui livelli dell’anno scorso), per un totale di 8,8 miliardi negli ultimi cinque anni (incluso l’annus horribilis del 2020).

Nei primi nove mesi del 2022 l’Italia si è quindi collocata al quinto posto per volumi di investimento in hotel in Europa (come nello stesso periodo del 2021), nonostante sia il settimo mercato in Europa nella categoria commercial real estate. Dall’analisi del trend storico degli ultimi cinque anni, emerge inoltre una progressiva focalizzazione verso operazioni alberghiere value-add (principalmente per conversioni da altre destinazioni d’uso, quali uffici, o forti riposizionamenti di alberghi esistenti). Queste sono infatti arrivate a rappresentare il 70% del transato nel settore nei primi nove mesi del 2022, con una forte concentrazione verso i quattro mercati primari (Roma, Milano, Venezia, Firenze) che pesano oggi per circa il 60% del transato. Anche gli investimenti nei resort (grazie alla forte capacità di resilienza della performance gestionale) sono in forte crescita e ai livelli della Spagna, rappresentando circa il 35-40% del volume investito in hotel dal 2020.

L’interesse degli investitori verso questo settore è alimentato dall’ottimo recupero delle performance alberghiere registrato durante la stagione estiva e nei mesi successivi, in particolare per il segmento leisure di lusso (a Roma per esempio) e l’offerta dei resort (mare, laghi, montagna, campagna). A questo proposito, le più significative transazioni dell’anno in corso si sono concentrate in conversioni di lusso a Roma e in destinazioni resort (come il futuro Four Seasons Roma in piazza San Silvestro, il riposizionamento del Majestic in via Veneto a Roma, il rebranding del Savoy di Cortina d’Ampezzo). L’elevata capacità di ripresa di questi mercati, spiega sempre Calia, congiuntamente alle buone performance nei segmenti di lusso, permettono quindi di realizzare operazioni immobiliari value-add, che rendono sostenibili i fondamentali finanziari e la capacità di raccolta presso gli istituti bancari, ancora oggi molto selettivi e più onerosi in seguito all’aumento dei tassi di interesse.

In termini di outlook, l’attività di sviluppo in essere nel settore lusso ed extra lusso e le aperture di catene alberghiere internazionali di questa fascia fanno sperare in una pipeline di investimenti ambiziosa per i prossimi 18/24 mesi, nonostante l’aumento dei prezzi delle materie prime e dei costi di costruzione. Si continuano poi a vedere sul mercato opportunità value-add: un trend che si attende in crescita anche per il 2023. “Noi di Cbre – prosegue Calia – siamo per esempio concentrati su tre importanti transazioni nel centro di Roma in chiusura attesa entro la prima metà del 2023, per un valore complessivo di oltre 500 milioni di euro (tra acquisizione e costo di ristrutturazione), relativi alla conversione di tre immobili uffici a hotel nel segmento luxury-lifestyle. I capitali internazionali continueranno a predominare nel mercato degli investimenti alberghieri in Italia, rappresentando ormai circa l’80% delle transazioni nel Paese. Le operazioni core in asset alberghieri a reddito e stabilizzati continueranno invece a scarseggiare, sia per la limitata offerta di prodotto di qualità con queste caratteristiche, sia per l’elevato costo del denaro che si riflette in un forte innalzamento dei rendimenti attesi e conseguenti richieste di repricing, che fanno fatica a essere assorbite dal venditore tipico italiano rappresentato da privati e famiglie”.

In termini di performance gestionali, la categoria degli urban hotel dovrebbe ottenere un’ulteriore crescita dei ricavi medi per camera disponibile (revpar), grazie al pieno recupero dell’occupazione nel 2023, mentre  nel primo trimestre del 2022 era ancora ostacolata dal Covid. Tuttavia, gli operatori, alle prese con la definizione dei budget per l’anno prossimo, non si aspettano un’ulteriore crescita delle tariffe medie (adr). Anche per la categoria dei resort, nel 2023 gli operatori in Italia non prevedono di incrementare ulteriormente l’eccezionale performance ottenuta quest’anno, ma si attendono lievi aggiustamenti al ribasso dell’adr e un leggero consolidamento dei tassi di occupazione.

In termini di segmenti di mercato, infine, la domanda corporate potrebbe risentire maggiormente della attesa recessione (sono già in atto politiche di restrizione ai viaggi di lavoro), con conseguenti ripercussioni sulle destinazioni urbane secondarie a forte vocazione business e sui segmenti di offerta inferiore (midscale/upscale). La domanda leisure in Italia, invece, è prevista ancora in crescita perché trainata dai mercati internazionali (per esempio gli Stati Uniti grazie al rafforzamento del dollaro). In tale contesto ne beneficeranno principalmente le grandi città d’arte italiane (Roma, Venezia, Firenze) e i segmenti alti di offerta (upper-upscale e luxury).

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