31 August 2024

Horwath Htl: sempre più brand in Italia, ma le transazioni alberghiere rimangono opache

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Cresce l’interesse di investitori e operatori internazionali verso la Penisola, mentre si registra un’inedita attività delle istituzioni nazionali nel settore e in particolare di Cassa depositi e prestiti, impegnata da qualche anno in operazioni di private equity, investimenti diretti in immobili turistici e conversioni di alcuni asset del patrimonio pubblico in strutture a vocazione ricettiva. Si spiega anche così la lenta, ma apparentemente inarrestabile espansione della presenza di catene in Italia: gli hotel brandizzati rappresentavano infatti il 3,9% dell’offerta totale nel 2013, mentre a fine 2017 la loro quota è salita al 4,5% per complessive 1.488 strutture. Stesso trend seguito dal numero delle camere, passato dal 13,2% di cinque anni fa al 15% dello scorso dicembre (164.196 in valore assoluto). Lo rivela l’ultimo rapporto «Hotels & chains in Italy 2018», realizzato da Horwath Htl in collaborazione con Confindustria alberghi e Cdp, e presentato in questi giorni presso il Met Bocconi.

A fronte di tali dati indubitabilmente positivi pesano però ancora alcune criticità di fondo che minacciano di erodere almeno in parte le marginalità di operatori e investitori, ha spiegato il senior partner & managing director di Horwath Htl, Zoran Bačić. Il suo riferimento è soprattutto all’avvento del fenomeno sharing economy e alla crescente attenzione dei consumatori verso la variabile prezzo: un trend quest’ultimo che tende inevitabilmente a favorire una certa “commoditizzazione” del prodotto hotel. Infine da non sottovalutare è pure la generale opacità del settore degli investimenti alberghieri italiano, accompagnata da una ciclicità di difficile interpretazione. A testimoniarlo, i dati di Real Capital Analytics, citati dallo stesso Bačić: smentendo i numeri record recentemente sbandierati da un’altra società di consulenza (1,6 miliardi di euro di transazioni totali), tali cifre sottolineano infatti come il 2017 sia stato tutto sommato un anno discreto ma non eccezionale, con l’Italia che ha saputo attirare appena il 2,6% degli investimenti registrati in Europa nel real estate alberghiero, per un totale che si sarebbe fermato al di sotto dei 600 milioni di euro complessivi (lo studio prende in considerazione solo le operazioni sopra i 10 milioni di euro, ndr). Un dato nettamente inferiore all’anno precedente, quando le transazioni nella Penisola avevano superato gli 1,2 miliardo di euro (6,3% del totale del Vecchio continente), ma che segnala pure una certa marginalità del mercato tricolore. Pur su volumi complessivamente minori, appena sei anni fa, nel 2012, l’Italia pesava infatti per ben il 10,3% degli investimenti complessivi, avendo oltrepassato anche in quell’anno la soglia del miliardo di euro.

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